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Stefania Cucconi è coordinatrice della FISM (Federazione Italiana Scuole Materne) sul territorio dell’Unione Terre d’Argine. Anche a lei abbiamo chiesto di tornare con la memoria a un anno fa.

“Le scuole che coordino sul territorio sono nove, pertanto ho la possibilità forse di fornire uno sguardo un po' d'insieme. Lo scoppio della pandemia ci ha colti tutti impreparati. Nessuno poteva prevedere o anche solo immaginare che sarebbe arrivato un decreto d'urgenza di domenica sera che imponesse la chiusura immediata delle scuole a partire dall'indomani mattina. Allo stesso modo non ci aspettavamo che questa iniziale chiusura cominciasse a venir prorogata sistematicamente, di fatto fino alla fine dell'anno scolastico.

Le scuole hanno anzitutto avvertito la necessità di arrivare a una riorganizzazione interna, cercando di conoscere quali fossero le risorse a disposizione e di capire di cosa avessero bisogno i genitori.”

Quali insegnamenti da questo anno terribile?

“A distanza di un anno posso dire che questa emergenza sanitaria ci ha fatti crescere tantissimo. Perché siamo arrivati ad una maggiore conoscenza e consapevolezza del territorio. Le scuole hanno dato un segno di grande crescita e di apertura, un bel messaggio che consiste nel fare rete. Nessuna scuola è da sola, nessuna famiglia è da sola. Il Covid ci tocca tutti e solo insieme riusciamo a dare una risposta più coerente e rassicurante.

Anche per quanto riguarda il piano educativo, c'è stata una notevole crescita. Le insegnanti di tutte le scuole, anche con caratteristiche e con situazioni estremamente diverse, hanno reagito avvertendo la primaria necessità di dover tenere viva a tutti i costi la comunicazione con i bambini. Poi si sono armate di fantasia. Direi che ogni realtà ha trovato modalità diverse ed efficaci, seppur basate sull’emergenza, per mantenere il contatto con bambini e famiglie.”

All’inizio com’è andata?

Nelle prime due settimane, tutti erano un po’ in attesa, non era ben chiaro quanto dovesse durare la sospensione. Il secondo Dpcm invece lo ricordo come un pugno nella pancia. Probabilmente quando si è capito che lo stop sarebbe durato a lungo, le scuole e gli insegnanti hanno innestato una marcia in più, ideando e impostando modalità di trasmissione che tenessero nel tempo. Nel primo mese i docenti hanno cominciato con videomessaggi o videochiamate a piccoli gruppi. L'obiettivo primario era di vedere e di vedersi, di mantenere un legame.

Le famiglie come hanno reagito?

“Naturalmente l’emergenza ha reso le famiglie e i genitori ancor più protagonisti, ha chiesto loro di più, in quanto tramite insostituibile con i bimbi piccoli. I genitori avevano il problema di dover dedicare tanto tempo ai figli, principalmente in casa. Non si poteva uscire. Da questo punto di vista è stato importante che le scuole riuscissero a predisporre un programma di attività quotidiane con le famiglie. Ovvio: c'erano famiglie ricettive, altre più in difficoltà nel rispondere alle richieste. Tuttavia sapere che al risveglio sarebbe arrivata dall'insegnante la richiesta di aprire un cassetto e cercare quattro cose di un colore blu, oppure cinque oggetti di un colore rosso, oppure di guardare dalla finestra e osservare se potevano scorgere un fiore, magari di primavera e provare a descriverlo… era rassicurante per gli stessi genitori. Erano compiti che davano un piccolo ritmo.”

Quali le ripercussioni sui bambini...

“Difficile dirlo. È stato un anno impegnativo perché la chiusura è stata inaspettata e non c'è stato il modo di annunciarla, di prepararsi. Per esempio, relativamente alla chiusura recente e alla zona rossa di questi giorni, perlomeno la Regione ha concesso due giorni in più, preziosi per poter preparare bambini e famiglie allo stop. Per tornare alle ripercussioni, uso le parole di una bambina di cinque anni. Lei ha detto alla sua mamma: “mi sento inutile come un formaggino senza sapore”. La sensazione dei bambini era quella di avere perso gli amici. Da questo punto di vista la sofferenza c'è stata, ma la percezione dei bambini è resiliente. Sanno affrontare i colpi, li sanno anche rielaborare. Spero abbiano acquisito la consapevolezza che l'amicizia è qualcosa di preziosissimo. Che a stare insieme con maestra e coetanei si riacquista il sapore.

Gli strumenti digitali sono imprescindibili per il futuro? Oppure la presenza è insostituibile?

Nell’età dei bambini dei nidi e delle materne, la presenza ha bisogno di un corpo per essere percepita. Sinceramente credo poco a queste forme sostitutive di comunicazione, ma la mia è una posizione personale. Il web ha aiutato, non c'è dubbio. Solo quindici anni fa un lockdown sarebbe stato ancora più terribile. Non voglio demonizzare gli strumenti digitali, nell'emergenza hanno fatto la differenza, ma che non diventino un'alternativa. I bambini piccoli hanno bisogno di fisicità, di concretezza.

Capofila del progetto

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